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il buongiorno si vede dal mattino

  • Immagine del redattore: Produzione Webidoo
    Produzione Webidoo
  • 14 lug 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Chi di noi ha lavorato in un negozio sa cosa accade e conosce il microcosmo strano e ineguagliabile che si crea tra te (entità xy senza nome né casa, un homeless psicologo sempre disponibile) e lui: il cliente. Chi fa parte di questo clan è pronto a tutto ogni volta che apre la porta o tira su la serranda. Sa bene che il primo cliente segnerà l’intera giornata e deciderà del suo futuro. Tornerà a casa sorridente o in lacrime? Felice o arrabbiato? Taciturno o con la voglia di smontare casa e rimontarla in piena notte? È lui a decidere, IL PRIMO CLIENTE, e tu non puoi farci niente, puoi solo sperare.

Io faccio parte di questo club. Per mia madre mi chiamo Chiara… ma per molti sono semplicemente “Quella degli ombrelli”, perché ho un espositore di ombrelli che sarà di 4m x 4m per essere gentili. Poco importa se si parla di me, dell’ex titolare o del mio cane,sempre quello sono. È come se io, l’ex titolare, sua sorella, tutta la mia famiglia (cane e prozia Bice di Scandinavia compresi) fossimo un’entità unica, parte integrante di negozio e muri, fusi insieme al punto da essere il bancone o forse la serranda. Giusto per la cronaca, ho scelto di essere il tronco di noce che uso come sgabello dietro alla cassa, perché lo adoro.

La stessa cosa vale per il primo cliente post-covid, che è come un enorme, fluorescente PRIMO CLIENTE a caratteri sottolineati e in grassetto.

“Buongiorno! Hai riaperto eh?! Era ora! Che poi sono venuta ed eri chiusa e io volevo delle cose e tu non c’eri e…” disse la chioma nera, prima cliente del giorno.

(ma… veramente c’era il numero di telefono sulla serranda, il sito internet, la pagina face book, … pensai in silenzio…) “ Buongiorno! Oggi è il primo giorno in cui mi è consentito riaprire. Chiusura imposta dal governo per pandemia di Cor…” cercai di rispondere, subito interrotta dalle urla in mezzo alla porta.

“No perché poi devo venire perché devi mettermi via un portachiavi perché tanto poi il compleanno è più avanti e allora poi chiedo e se non va bene poi me lo cambi no?” disse tutto d’un fiato.

(“Che?”) “ Ma… si ferma un attimo adesso signora? Così ci capiamo meglio?” risposi perplessa.

“E ma me lo metti via e poi vediamo e chiedo e poi cambio. Ok? Allora mettilo via e poi ti dico…!” strillò.

(“Che cosa ho fatto di male stamattina?”) “ Sì, certo che glielo metto da parte… ma non so quale sia… (non essendo dotata di poteri telepatici, mi viene un tantino difficoltoso… ci sarà un centinaio di portachiavi in questo momento in negozio, come faccio a indovinare?) Ha voglia di entrare un attimo a dirmi esattamente di quale articolo sta parlando?” dissi con un sorriso enorme cercando di celare l’agitazione per la coda crescente sul marciapiede del negozio.

“ Ah dici che non me lo metti via? Ma tanto ti fidi no? Così io adesso vado e passo poi. Chiedo se va bene e poi domani con calma ti dico, tanto ti fidi no? Mettimelo via! Ti fidi no?” proseguì.

“Sì. Mi fido” sull’orlo di una crisi isterica, con i clienti che ormai sbuffano dietro di lei che non fa cenno ad entrare in negozio, “ ma non ho capito di cosa stiamo parlando. Ha tempo di entrare un attimo in negozio per favore? (ed evitiamo di creare una coda in mezzo alla strada senza alcun motivo evidente?)” risposi paonazza.

“Ma io sono passata e tu eri chiusa!” disse sempre in mezzo alla porta spalancata “Ma tanto torno dopo e ti dico. Ciao!” disse infine senza spostarsi da in mezzo alla porta.

Crisi isterica o pianto di nervoso? Sono stata, mio malgrado, chiusa per mesi per una pandemia mondiale… possibile che non se ne sia resa conto? Ai posteri l’ardua sentenza. Ora cerchiamo di scardinarci da questa situazione di stallo.

“Entra sì o no?” dissi concisa, vista l’immobilità costante nel centro della porta.

“Ma è ovvio no?” disse quasi scocciata, con le persone in coda pronte per gli applausi e le nonnine che si congratulavano l’una con l’altra, ormai appostate nel dehor del bar accanto per mantenere la distanza.

Entra senza far cenno alcuno di notare l’enorme totem igienizzante, con cartelli ancora più grossi a mezzo metro dalla porta di ingresso. In pratica ci si scorna contro il barattolo di igienizzante per varcare la soglia. Scarta, con l’agilità di uno stambecco, cartelli, totem, barattolo, colpendolo con la borsa.

“Mi scusi signora, purtroppo devo chiederle di igienizzarsi le mani, come ho appena fatto io…. Le regole…” dissi in imbarazzo, quasi spaventata dalla risposta.

“Non ti fidi?”

….

Sarà una lunghissima fase… molto lunga!

 
 
 

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